Elaborazione parallela associata alla diversità dei neuroni di CA1

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 07 aprile 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Lo studio dei neuroni piramidali dell’ippocampo è stato una fonte di straordinarie scoperte, che hanno contribuito a definire le basi neurofunzionali di processi tanto importanti quanto apparentemente distanti tra loro. Infatti, a partire dalle cellule di luogo, sono stati individuati dei sistemi neuronici che costituiscono la base funzionale automatica per percorrere ed esplorare in modo orientato ambienti nuovi, e allo stesso tempo questi neuroni piramidali dell’ippocampo sono stati riconosciuti quale base della memoria dichiarativa.

Tradizionalmente, e fino ad oggi, le operazioni della principale rete ippocampale a supporto della “navigazione” spaziale e dei processi di registrazione coscienti e comunicabili sono interpretate in una cornice fisiologica in cui ciascuna regione dell’ippocampo, quale il giro dentato, l’area CA3 e la CA1, consistono di popolazioni omogenee di neuroni principali considerati funzionalmente equivalenti. Un numero di studi notevole e sempre crescente sta però fornendo dati significativi e abbondanti che confliggono con questa visione di cellule nervose principali identiche nella sostanza funzionale, e rivelano una eterogeneità molto interessante. Ivan Soltesz e Attila Losonczy presentano e interpretano i risultati di questi lavori.

(Ivan Soltesz & Attila Losonczy, CA1 pyramidal cell diversity enabling parallel information processing in the hippocampus. Nature Neuroscience 21: 484-493, 2018).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neurosurgery and Stanford Neurosciences Institute, Stanford University, Stanford, California (USA); Department of Neuroscience, Columbia University, New York, NY (USA); Mortimer B. Zuckerman Mind Brain Behavior Institute, Columbia University, New York, NY (USA).

Prima di esporre in sintesi i contenuti del lavoro qui recensito, si riporta un brano tratto da un nostro precedente articolo per aiutare i lettori non specialisti di questo settore di studi ad inquadrare l’argomento.

«L’incontro è stato introdotto con una relazione del professor Rossi, basata quasi integralmente su un articolo scritto dallo stesso O’Keefe con tre suoi collaboratori nel dicembre del 2013, al quale si rinvia perché fornisce un quadro esaustivo che va oltre la parte di studi che ha visto il ricercatore statunitense come pioniere e protagonista[1]. Nuovi dati stanno emergendo dalla ricerca e, prima di recensire un nuovo interessante studio che sarà pubblicato sulla rivista Science, si propongono alcuni elementi introduttivi.

La scoperta nell’ippocampo da parte di John O’Keefe, all’inizio degli anni Settanta, di un sistema di cellule, le place cells (“cellule di luogo” o di “posizione”), in grado di definire la posizione dell’animale in una mappa dinamica dell’ambiente in cui è posto, ha ricevuto un completamento dalle scoperte, dovute ai coniugi Moser, dei sistemi della corteccia entorinale mediale, che comprendono le grid cells, le head direction cells e le border cells, i quali, grazie soprattutto alle grid cells (cellule griglia), realizzano una mappa basata su un sistema di coordinate, come longitudine e latitudine, che consentono al cervello di calcolare le distanze relative fra i luoghi in rapporto alla posizione dell’animale stesso.

In proposito, scrivevo con Nicole Cardon: “L’attività elettrica dei neuroni piramidali dell’ippocampo, rilevata in roditori vivi, svegli e attivi, appare come un diretto correlato della posizione dell’animale nello spazio, secondo un preciso rapporto topografico fra l’ambiente, la disposizione e la competenza territoriale dei neuroni, cui è stato attribuito per questa ragione il nome di place cells o cellule di luogo[2]. Tali neuroni, ricordiamo, furono identificati da John O’Keefe e colleghi che, collocando elettrodi nell’ippocampo di un ratto per registrare l’attività elettrica corrispondente all’esperienza, notarono un andamento funzionale insolito: mentre le altre cellule di proiezione scaricavano alla frequenza di circa una volta al secondo, alcune presentavano un vertiginoso aumento dell’attività quando l’animale giungeva in un luogo particolare. Specificamente, una singola cellula scaricava fino a centinaia di volte al secondo quando il ratto era in un determinato punto ma, come il roditore si allontanava, smetteva di scaricare e, non appena ritornava nello stesso posto, riprendeva a generare potenziali d’azione all’impazzata. Questo comportamento elettrico fu considerato indice di una codifica ippocampale dello spazio e il dato fu interpretato anche alla luce dell’esito della sperimentazione di David Olton (1979), che dimostrò la compromissione dell’abilità di esecuzione di prove basate su compiti di apprendimento spaziale in roditori con lesioni dell’ippocampo. La concezione neurofisiologica esposta nel volume di O’Keefe e Nadel, The Hippocampus as a Cognitive Map (1978), ha costituito un importante riferimento teorico per la ricerca delle tre decadi successive, fino ai giorni nostri”[3].

In una recensione del 3 maggio dello scorso anno fornivo qualche altra indicazione sui primi neuroni dell’ippocampo individuati come codificatori di posizione e sui “campi di luogo o posizione” dell’ambiente esterno che ne evocano l’attivazione: “John O’Keefe e John Dostrovsky pubblicarono nel 1971 la scoperta, nell’ippocampo di ratto, di una mappa cognitiva dell’ambiente circostante l’animale[4]. La familiarità di un animale con un particolare ambiente risultava rappresentata nell’ippocampo dal pattern di accensione di particolari popolazioni di cellule piramidali presenti nelle regioni CA3 e CA1, alle quali si diede il nome di place cells. Una tale cellula di luogo si attiva quando un animale entra, in uno specifico ambiente, in una determinata area alla quale si è dato il nome di campo di luogo (place field). Quando un animale entra in un nuovo spazio-ambiente, entro pochi minuti si formano nuovi campi di luogo che rimangono stabili per periodi che vanno da settimane a mesi. In tal modo, si generano dei correlati funzionali della posizione dell’animale nello spazio. Se si registra l’attività elettrica di un gran numero di cellule di luogo, è possibile comprendere dalla lettura del profilo di attivazione in quale luogo fosse l’animale al momento della rilevazione. La corrispondenza fra cellule e luoghi, memorizzata e riattivata, funziona come una mappa interna, ma è anche un codice individuale dello spazio circostante, al quale possono essere associate varie altre memorie”[5]»[6].

Ivan Soltesz e Attila Losonczy sottolineano la dimostrazione dell’eterogeneità all’interno delle popolazioni di neuroni principali dell’ippocampo. In particolare, nell’ambito delle cellule piramidali del più importante nodo di output CA1, l’assenza di omogeneità è sempre più evidente, sulla base di differenze evolutive, molecolari, anatomiche e funzionali. I recenti progressi hanno delineato le sub-popolazioni delle cellule principali dell’ippocampo, e la rassegna qui recensita è stata particolarmente focalizzata sulle sotto-popolazioni radialmente definite dei neuroni piramidali di CA1. Studiando questi sotto-insiemi cellulari, Soltesz e Losonczy hanno osservato che la segregazione funzionale dei flussi di informazione, in canali paralleli con proprietà non uniformi, potrebbe rappresentare un principio di organizzazione generale dell’ippocampo che supporta comportamenti differenti.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-07 aprile 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Hartley T., et al., Space in the brain: how the hippocampal formation supports spatial cognition. Philos Trans R Soc Lond B Biol Sci. 2013 Dec 23; 369 (1635):20120510.doi: 10-1098/rstb.2012.0510. Print 2014 Feb 5.

[2] Attualmente le place cells sono considerate parte di un’articolata rete che consente l’orientamento automatico e la perlustrazione dello spazio. In proposito così si esprimeva Roberto Colonna alcuni anni fa: “Lo studio delle basi neurobiologiche della capacità degli animali di dominare uno spazio esplorandolo, orientandosi, ripartendolo in parti con significati diversi, gestendolo in funzione della propria posizione e di quella di elementi ambientali rilevanti, ha consentito di individuare un sistema composito con sede nell’ippocampo e nella corteccia entorinale che, attraverso la straordinaria organizzazione di place cells, grid cells, head direction cells e border cells, definisce la mappa cognitiva dell’ambiente e le operazioni di base per la gestione dei comportamenti adeguati allo spazio ed alla circostanza” (Note e Notizie 14-02-09 La scoperta delle border cells; si veda anche: Note e Notizie 21-11-09 Grid e place cells in un ambiente compartimentato). Un elenco di nostre recensioni su questo argomento si trova in Note e Notizie 16-10-10 Immagini in vivo di place cells dell’ippocampo durante l’esplorazione di uno spazio virtuale. Un’altra nota dello scorso anno (Note e Notizie 13-03-10 Evidenze per grid cells umane) contiene un elenco con collegamenti a note precedenti su questo argomento.

[3] Note e Notizie 10-09-11 Esperienze nello spazio a fondamento dei luoghi della memoria autobiografica. La data riportata (1978) si riferisce alla pubblicazione del libro; la data della scoperta (1971) coincide con la pubblicazione su Brain Research del lavoro originale (vedi dopo).

[4] Brain Res 34: 171-175, 1971.

[5] Note e Notizie 03-05-14 Come le cellule di orientamento entorinali sono regolate da interneuroni PV. A chi voglia approfondire si suggerisce la lettura di una recensione di Roberto Colonna che contiene anche i riferimenti necessari a reperire parte dei numerosi scritti che, fornendo dati di aggiornamento sperimentale, possono introdurre alle funzioni dei tipi cellulari della corteccia entorinale: Note e Notizie 22-03-14 Confini geometrici nel cervello in corso di sviluppo.

[6] Note e Notizie 14-02-15 Le cellule griglia hanno bisogno del segnale delle cellule HD.